Con la mostra di Arturo Hernández Alcázar dal titolo Blind Horizon, Underneath the Arches inaugura la sua attività negli affascinanti spazi che conservano i resti dell’Acquedotto Augusteo del Serino. Blind Horizon è il risultato di un periodo di residenza e di ricerca che ha visto Arturo Hernández Alcázar esplorare diverse zone di Napoli e
della sua periferia, ripercorrendo idealmente l’antico percorso dell’acquedotto.
L’artista ha modellato la sua linea di ricerca pregressa, da sempre impegnata in una riflessione sulle idee di controllo, manipolazione delle forze e gestione del potere, sulle suggestioni provenienti dal territorio e dal sito archeologico che ospita la mostra, concependo un’installazione che integra forme smaterializzate - quali il suono - a forti presenze fisiche. Ha lavorato sul concetto di stratificazione e su come questo si traduca visivamente e acusticamente, in una città come Napoli, in piani perpendicolari che attraversano costruzioni di epoche differenti, oppure in pratiche di adattamento di fortuna a problematiche contingenti.
È il ritratto di una città che, crescendo su se stessa, ha preservato al suo interno tutte le anime passate, inglobandole in nuove storie; una stratificazione geologica, sociale, antropologica, architettonica che diventa essa stessa patrimonio della città, a cominciare proprio dall’esempio dell’Acquedotto Augusteo, costruito in epoca romana e rinvenuto solo qualche anno fa al di sotto del Palazzo Peschici Maresca.
A partire da queste premesse, Arturo Hernández Alcázar ha raccolto registrazioni in diverse aree
di Napoli, dalle zone vulcaniche ai laboratori della Sanità, dai mercati alle aree industriali dismesse, facendo sì che questi frammenti si fondessero in un’unica traccia su sette livelli, quanti sono per definizione gli “strati” della città.
L’artista concepisce per lo spazio sotterraneo un’installazione che vincola, con una certa imposizione, il camminamento del visitatore, sottolineando attraverso l’uso dei megafoni la logica del controllo dello spazio pubblico attraverso la gestione dell’informazione.
L’elemento sonoro diviene quindi ciò che costruisce lo spazio, lo trasforma
come una forza erosiva latente, in grado di alterarne gli equilibri precostituiti. Da un punto di vista visivo, l’artista ricostruisce invece una linea degradante, un orizzonte artificiale tracciato grazie alla stratificazione di suoni e materiali del posto, da tensioni e forze modificate in funzione del controllo della pendenza, a sua volta dettata dalla morfologia del terreno: non un orizzonte lineare, ideale, ma sconnesso e irregolare, costretto a riassestarsi di volta in volta sulla base delle contingenze e per questo simbolo della ricerca di un equilibrio in condizioni di per sé precarie.
Controllare l’orizzonte vuole dire non solo esercitare un potere, ma anche costruire un nuovo equilibrio; nessuno garantisce, tuttavia, che sia quello definitivo.
—Chiara Pirozzi e Alessandra Troncone
Contributo di
Arturo Hernández Alcázar