Radio nel fascismo
L’ideologia fascista non presenta particolare originalità nei contenuti, deriva le sue basi teoriche da interpretazioni delle dottrine filosofiche del recente passato o dei movimenti culturali allora in voga: lo stato etico hegeliano, la nazione proletaria e l’imperialismo dal nazionalismo, il dinamismo dal futurismo, l’esaltazione del superuomo da Nietzsche, la centralità della famiglia e il ruolo di madre e moglie dal conservatorismo cattolico.
Centrale è la figura del capo carismatico, il duce del fascismo Mussolini.. Infatti il duce non fonda il suo potere sul carattere sacro o legale della sua autorità, ma sulle sue presunte doti eccezionali che ne fanno una figura infallibile.
Il mito dello stato etico fu quello che permise al regime fascista di presentarsi come interprete dell’interesse generale; verso la metà degli anni ’30 il regime tentò di inserirsi nell’ambito delle grandi potenze, ergendosi a difesa dei valori spirituali ed eroici della civiltà europea contro il materialismo bolscevico rappresentato dalla Russia.
Di fronte all’ostilità generale degli altri paesi nei confronti delle mire espansionistiche italiane, l’Italia fascista si trovò isolata e finì per inventare il nuovo mito dell’autarchia.
L’ideologia fascista si identificava infine nella fede cieca nella nazione, sintetizzandosi nel motto: Credere, Obbedire, Combattere, che accompagnava la visione eroica della guerra, proposta in modo sempre più ossessivo come naturale vocazione di un popolo dinamico. L’azione prendeva forma nell’arte e nel rito, infatti dal futurismo e dall’estetismo in genere, l’ideologia fascista derivava tutta la sua passione per la teatralità, la gestualità, le molteplici manifestazioni per celebrare la propria esaltazione.
Più che le idee, innovative furono le tecniche di condizionamento con le quali i grandi interessi che stavano dietro l’ideologia e il regime totalitario fascista riuscirono a condizionare non solo i ceti medi ma anche il proletariato.
L’uso dei mass media durante i regimi totalitari assunse un’importanza straordinaria. Dovuta soprattutto al sapore di novità che presuppone e all’intelligente opera di strumentalizzazione che ne sfrutta la capacità di propaganda e di indottrinamento delle masse. La radio assume, quindi, un ruolo di primo piano. Fu inizialmente stentato l’avvio del mezzo radiofonico nel nostro paese. Mussolini amava più il contatto diretto con le folle e molti artisti e intellettuali snobbarono la “scatola parlante”. Invece, nel resto del mondo la radio diventava il principale mezzo di comunicazione, in particolare i nazisti ne capirono subito le potenzialità. Solo negli anni Trenta - con l’interesse dell’industria e lo spostamento a Torino del centro amministrativo- la radio italiana (Eiar) decolla e si trasforma in uno strumento di propaganda del regime.
Mussolini, che era scettico riguardo le potenzialità del rivoluzionario apparecchio, non aveva tutti i torti. Pochi infatti erano in grado di comprenderne il linguaggio e non in tutti i luoghi c’era l’elettricità per accendere la radio. All’alto numero di analfabeti, allo scarsissimo numero di lettori di quotidiani bisogna aggiungere che in parecchie zone d’Italia si parlava solo il dialetto e il livello di povertà era così alto che ben pochi potevano comprare l’apparecchi. Poco prima della guerra nelle zone agricole della Sicilia, Sardegna, Basilicata e Italia centrale non si riceveva la radio e non arrivavano neanche i giornali.
Il regime fascista non sembra far uso della radio in maniera adeguata. Negli anni che vanno dalla fondazione dell’U.R.I. (Unione Radiofonica Italiana), nel 1924, ai primi anni del decennio successivo, il fascismo si limita a utilizzare il potente mezzo di comunicazione come un altoparlante nazionale per i discorsi di Mussolini e a esercitare il controllo e la censura sui notiziari e l’informazione la cui fonte esclusiva fu costituita per molti anni dall’agenzia di stampa del regime, l’Agenzia Stefani.
Ancora agli inizi degli anni ‘30 Mussolini attribuiva il primato dei mezzi di informazione alla stampa.
In parte ciò era forse dovuto alla scarsa diffusione degli apparecchi radiofonici, troppo costosi per le capacità di acquisto delle masse popolari italiane di allora.
Solo nel ‘33-‘34 con l’apertura di Radio Scuola e di Radio Rurale il fascismo dimostra l’intenzione di fare uso “scientifico” della radio come mezzo di propaganda e di produzione del consenso per accelerare il progetto di “fascistizzazione della società italiana”.
Il fascismo si interessò subito all’educazione dei ragazzi, fornendo loro come esempio la figura carismatica del Duce e irreggimentandoli in varie organizzazioni: dall’Opera Nazionale Balilla - che richiamava nel nome il leggendario giovane eroe genovese come simbolo della gioventù fascista in armi - alla Gioventù Italiana del Littorio, che seguiva i ragazzi e le ragazze più abbienti sino all’Università. La radio ebbe naturalmente il compito di assecondare questo programma di fascistizzazione della gioventù.
In un primo tempo i programmi si limitarono a un’ora pomeridiana, quando i ragazzi, assolti gli impegni scolastici, potevano mettersi in ascolto di fronte alla “scatola magica” o alla “casa dei nanetti”, come qualcuno definì la radio, immaginando che all’interno delle strutture goticheggianti dei primi apparecchi ci fossero degli gnomi canterini e musicisti. Le prime trasmissioni si valsero proprio di questa atmosfera magica per eccitare la fantasia infantile. Si lanciarono concorsi pubblici a premi per trovare una definizione dell’apparecchio radiofonico. In breve tempo, ogni stazione radio ebbe il suo programma pomeridiano speciale per i ragazzi.
Per iniziativa dell’Ente radio rurale (1933), la radiofonia fece il suo ingresso nello spazio scolastico: a quel punto l’aspetto propagandistico ebbe spesso la meglio sugli aspetti favolistici della prima fase. Vennero realizzati sceneggiati radiofonici che rievocavano momenti di una storia d’Italia ridotta ad aneddoto o a leggenda; si cantarono le glorie del regime, spendendo i personaggi più cari ai bambini assieme ai più esperti radiocronisti in visite guidate, che documentassero lo sforzo di modernizzazione del paese prima, la sua forza bellica poi.
Al di là del problema concreto di dotare tutte le scuole di un apparecchio o di un sofisticato impianto centralizzato di diffusione, lo stato fascista impose all’industria la costruzione di un particolare apparecchio, il Radiorurale, destinato a questo specifico scopo e adorno sull’altoparlante di due fasci littori fra spighe di grano.
Si tratta di un ricevitore a prezzo imposto e con caratteristiche standardizzate promosso ai tempi del fascismo dall’Ente Radio Rurale, destinato alle zone di riunione collettiva, agli ambienti rurali ed alle scuole.
L’apparecchio infatti è acquistabile solo dagli istituti scolastici, dalle sedi dell’O.N.B., del P.N.F., dalle Parrocchie rurali, dalle sedi rurali dell’Opera nazionale dopolavoro, dalle Cattedri ambulanti di agricoltura, dalle sedi della Confederazione sindacale fascista dell’agricoltura e dalle sedi della Confederazione agricoltori o per donazione agli stessi. Grazie a questa manovra tre milioni di scolari italiani hanno avuto la possibilità di entrare in contatto con un mezzo di comunicazione allora altamente elitario.
Il prezzo al momento dell’uscita è di 600 Lire, pagabile anche a rate anticipando al momento dell’ordinazione la cifra di 207,80 Lire (200 Lire di anticipo più 7,80 Lire per il rimborso delle spese dei bolli) e sottoscrivendo 10 cambiali per le rate mensili di 40 Lire ciascuna. Il prezzo viene poi diminuito a 575 Lire nel marzo del 1935 e a 475 Lire nel settembre dello stesso anno. Il 15 gennaio del 1936 il prezzo viene aumentato a 550 Lire. Le spese di spedizione sono a carico dell’acquirente. L’apparecchio viene spedito con le valvole smontate e la fornitura comprende: una presa di corrente con attacco a vite Edison per la derivazione da un portalampade, 4 metri di filo di rame per la presa di terra, 10 metri di filo per l’antenna interna, 12 isolatori di porcellana per l’installazione dell’antenna.
Il Ministero delle Comunicazioni indice due concorsi: con il primo del maggio del 1931 si individuano le caratteristiche tecniche ed i requisiti del futuro ricevitore, con il secondo del luglio del 1932, si individuano i costruttori. La radio deve essere idonea a ricevere le stazioni radiofoniche con lunghezza d’onda compresa tra i 200 e i 580 metri (onde medie). Lasciando liberi i costruttori nella scelta degli schemi e del numero delle valvole, si impone la condizione che i ricevitori debbano essere idonei a garantire una potenza tale che, mediante l’impiego di una comune presa di terra e di un’antenna interna, la ricezione della stazione E.I.A.R. più vicina o di quella meglio ricevibile, deve essere chiara e ben comprensibile in qualunque località per un pubblico non inferiore a 60 persone. Anche i comuni in fondo valle, dove la ricezione è più difficile per l’attenuazione del campo elettromagnetico, devono poter ricevere le emissioni di una stazione radio distante tra i 100 e i 150 km. L’apparecchio è una supereterodina con alimentazione a corrente alternata con tensioni tra i 110 e 220 Volt. Solo successivamente si provvede alla produzione di apparecchi a batteria e di quelli a corrente continua (prodotti dalla ditta Geloso). È prevista la possibilità di collegare all’apparecchio un altoparlante esterno, al fine di servire un ulteriore ambiente principale, e un fonografo. Tutti i produttori muniti della cosiddetta licenza di costruzione, sono stati invitati a partecipare al concorso. Risultano idonei 10 produttori (riportati con la ragione sociale dell’epoca): Allocchio e Bacchini, C.G.E., F.I.M.I (Phonola), Marelli, Safar, Savigliano, Philips, Siemens, Siti – Acesa ed Unda. Al fine di rientrare nel prezzo imposto i produttori adottano le specifiche estetiche richieste e, il più delle volte, invece di realizzare un modello completamente nuovo, adattano un modello già in produzione. Ad esempio la Philips, con la sua R.R. XVI Radiorurale, utilizza come base di partenza lo chassis della Philips 764M (prodotta sia in Italia che in Germania) e la maggior parte dei suoi componenti lasciando le sole Onde medie e togliendo l’indicatore di sintonia e il controllo di tono. In quanto stabilmente collocato nell’edificio scolastico ed adibito a scopi educativi, per l’apparecchio Radiorurale è prevista l’esenzione del pagamento della licenza annuale alle radioaudizioni, che all’epoca era di 80 Lire annuali.
Alla fine dell’epoca fascista, come sentimento di rivolta e di disprezzo a quella ideologia totalitaria, moltissime radio sono state distrutte o mutilate dei simboli fascisti in esse riprodotte. La scarsa produzione di questi apparecchi, non acquistabili direttamente dai privati e le numerose distruzioni effettuate, hanno fatto sì che la quotazione delle radio arrivate ai giorni nostri siano molto elevate.
La radio Balilla era un popolare tipo di radio italiana. Veniva realizzato con materiali non troppo pregiati e la produzione avveniva completamente in Italia, sia per quanto riguarda le componenti che l’assemblaggio, questo per agevolare la diffusione a un prezzo contenuto di 430 £.
Con radio Balilla non si intende un modello od una marca bensì un progetto di realizzazione a cui aderivano alcune tra le marche più importanti del tempo (RadioMarelli, CGE, Telefunken, Allocchio Bacchini, Unda Radio, ecc.) ognuna delle quali secondo standard produttivi personalizzati.
Questo tipo di ricevitore rappresentava la naturale evoluzione del progetto di diffusione della radio iniziato con la Radio Rurale, modello più sofisticato e costoso. L’intento era quello di diffondere la radio a condizioni economiche favorevoli anche alle famiglie meno abbienti. L’elevata diffusione avrebbe consentito una più capillare espansione della politica di regime. In effetti, essa ha rappresentato il primo vero e proprio inizio dell’uso dei media a scopo politico.
Il Radiobalilla o Radio Balilla era un semplice ricevitore con circuito Reflex a sole 3 valvole per la gamma delle onde medie commerciali e necessitava di una buona antenna e di un buon collegamento di terra e, in ogni caso, era considerato un ricevitore decente per le sole emittenti locali. Tale caratteristica, peraltro, era importante soprattutto in periodo di guerra quando era vietato l’ascolto delle emittenti estere, emittenti che, nonostante la semplicità del ricevitore, erano comunque udibili nelle ore serali e notturne.
La commercializzazione, però, fu ostacolata già a monte dalle case costruttrici che preferivano vendere altri modelli dove i margini di guadagno erano maggiori. Nei saloni della radio e nelle fiere di settore il Balilla era sempre posto in secondo piano, in un angolo e comunque poco in vista.
Il termine della produzione del Radio Balilla ha coinciso con l’inizio della produzione della Radio Roma, ennesimo tentativo di popolarizzazione della radio che, nonostante si trattasse di un ricevitore economico migliore del Balilla, non raggiunse i risultati sperati.
johnopi
Il Fascismo entrava nei programmi della radio solo indirettamente nei notiziari giornalieri. Nel 1927-28 fu introdotta alla radio una serie di trasmissioni in forma di dibattiti settimanali “Il Fascismo e la rivoluzione fascista”. Venivano anche letti brani scelti dalle opere di D’Annunzio, Manzoni e altri autori cari al regime, che spiegavano come i testi in questione rispecchiassero gli ideali fascisti. Significativa fu la trasmissione culturale di Tommaso Marinetti, precursore del movimento futurista, il cui impegno colorito ed emotivo esplose con una carica vitale inedita nella radio italiana. Nello stesso anno inizia la diffusione regolare dei notiziari che davano succitamente contro degli avvenimenti internazionali, dei programmi del regime e delle attivit¦ dei gerarchi pi in vista. Grazie alla radio il regime fu in grado di introdurre la politica direttamente nelle case degli italiani. Spesso venivano trasmesse in diretta assemblee pubbliche: spesso Mussolini parlava alla folla dal balcone del suo ufficio a Venezia. Nel corso degli anni ‘30 i programmi divennero assai pi variati: il “Giornalino del fanciullo” in cui a poesie, canzoni, esercizi religiosi si mescolavano racconti delle favolose imprese di Mussolini. Assai significativi erano i programmi di puericultura per le madri, trasmesse due volte alla settimana.
Distribuzione delle trasmissioni
50% musica: concerti, musica operistica e da camera, musica da ballo o religiosa
20% interesse politico: notiziari, trasmissioni a fini di propaganda
10% programmi per bambini e pubblicità
10% bollettini metereologici<a download href="https://on-air.caricomassimo.org/media/pages/airchive/fondazione-uri-unione-radiofonia-italiana/628db34170-1715897949/6-ottobre-1924-annuncio-della-prima-trasmissione-radio-in-italia.mp3">6-ottobre-1924-annuncio-della-prima-trasmissione-radio-in-italia.mp3</a>
Contributed by
Federico Bacci
Francesco Eppesteingher