Wavelength è un film di 45 minuti del regista e artista sperimentale canadese Michael Snow, noto per le sue produzioni cinematografiche.
Wavelength è considerato un punto di riferimento del cinema d’avanguardia, girato in una settimana, nel dicembre 1966 e montato nel 1967. E’ un esempio di ciò che il teorico del cinema P. Adams Sitney descrive come «film strutturale», definendo Snow «il decano dei registi strutturali».
Wavelength è spesso citato come uno dei più grandi film underground, art house e canadesi mai realizzati. Nominato all’85à posto nella lista dei critici del 2001 di Village Voice e tra i 100 migliori film del XX secolo. Il film è stato definito come un capolavoro dall’Audio-Visual Preservation Trust of Canada. Manny Farber in una recensione del 1969 del film pubblicata su Artforum lo descrive come «45 minuti puri e duri che possono diventare la nascita di una nazione nei film Underground, un documento diretto di una stanza in cui una dozzina di imprese hanno operato e poi andate in bancarotta. Nonostante tutta la raffinatezza del film (ed è opprimente per le sue invenzioni tempo-spazio-suono) è singolarmente non infarcito, semplice e mortalmente realistico per filmare tre pareti, un soffitto e un pavimento….»
Sinossi:
Wavelength non consiste quasi in alcuna azione e l’azione che si verifica è in gran parte elisa. Se si potesse dire che il film ha una trama convenzionale, questo si riferirebbe presumibilmente alle quattro scene del «personaggio». L’intento di Snow per il film era «una sintesi del mio sistema nervoso, dei miei suggerimenti religiosi e delle mie idee estetiche». Lo zoom di 45 minuti - che tuttavia contiene modifiche - che incorpora nel suo arco di tempo quattro eventi umani nella stanza, tra cui la morte di un uomo e una donna che chiama emergenza in seguito, vuole essere il simbolo del suo intento.
Nella prima scena, una donna in pelliccia entra nella stanza accompagnata da due uomini che portano una libreria o un armadietto. La donna dice agli uomini dove posizionare questo mobile e tutti se ne vanno. Successivamente, la stessa donna ritorna con un’amica. Bevono le bevande che hanno portato e accendono la radio, che suona «Strawberry Fields Forever» dei Beatles. Molto tempo dopo che se ne sono andati, si sente quello che sembra rompere un vetro. A questo punto, un uomo (interpretato dal regista Hollis Frampton) entra e inspiegabilmente, anche se in modo da indicare la sua morte, crolla a terra. Più tardi, la donna con la pelliccia ricompare e fa una telefonata di emergenza, parlando, con strana calma, del morto nel suo appartamento che non ha mai visto prima.
Verso la fine del film, si può sentire quello che suona come le sirene della polizia, ma potrebbe anche essere una parte della partitura musicale, un pezzo distinto di musica minimalista che accoppia i toni a caso. Questi toni cambiano di frequenza (e di «lunghezza d’onda»), diventando più acuti man mano che la telecamera analizza ulteriormente lo spazio dell’anonimo appartamento. QUello che inizia come una vista dell’intero appartamento si ingrandisce (lo zoom non è esattamente continuo poiché la telecamera cambia leggermente l’angolo, notevolmente vicino alla fine) e cambia la messa a fuoco lentamente per i quarantacinque minuti, solo per fermarsi e raggiungere la messa a fuoco perfetta su una fotografia del mare sul muro.
Il film termina con la telecamera che va completamente fuori fuoco e sbiadisce nel bianco, mentre la colonna sonora finalmente si alza a un tono troppo alto per essere ascoltato.
Contributo di
Juan Pablo Macías