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Iacopo Seri
15 novembre 2020

fumi di foglie d’alloro

1. I DON’T KNOW WHY, BUT THE STORY STARTS HERE FOR ME. I WONDER WHAT IT WOULD LOOK LIKE IF YOU JUST WENT ON FROM HERE

The air was a crystal, and as the moon was high and waxing gibbous, Euclid could see as far as to reach the borders of the plateau and well beyond: the land gleamed of a grey-blue light dotted with black shrub asterisms all over the lower plains as countering sky constellations, and got darker toward the distant ridges. There was no jackal though, and no Ulysses anywhere in sight: he was all alone now. But he obeyed Ulysses and stayed silent, he felt safe and didn’t want to break the spell. He was only a bit cold. He chose a small path among the shrubs, bathing in the disseminating pollens to the point that he couldn’t have recalled his own smell, and that’s how he got lost. That place must have been quite high, because the chill became palpable soon; he stomped his feet and walked quicker.

2. VOI GRECI

Solone, Solone, voi greci siete sempre così bambini. Ogni volta che ci troviamo in questi paraggi del cammino precessionale, voi vi trovate senza memoria. Avete lasciato un bel po’ di cose per la strada, negli ultimi undicimila anni. Ma cos’è ora questa cosa del teatro? Caro Tespi, ma è questo il modo di mettere le maschere in piazza, di trattare la magia e l’intuizione, l’intento e l’attenzione? Sigillarne la notizia in un copione? Copiarle e incollarle in forma di canzone? Certo, capisco, è un modo per portare la magia a chiunque, anche a chi non la sa riconoscere a un palmo. Bravissimo, giusto, encomiabile, quasi da medaglia al valore. Ma intanto il Mistero è fuggito e ne è rimasto solo il racconto, la faccia sempre più pixelata di un microprosopus spiattellato alla meglio. Ormai la gente ci si è seduta, sui trovatori, travestiti da divani. Altro che allori, la Pizia non ne brucia più, non ne annusa più il fumo prima di annunciarci l’esito della prossima manovra, o del campionato. E i trovatori hanno perso il filo in una zuppa di significanti, o nel pan bagnato. E finisce che ci dimentichiamo di aver tutti facoltà di cantare. Abbiamo tutti perso un po’di fiato. Il canto l’hanno fatto diventare un lavoro, e — io non lo so fare, facciano loro, io non so che dire, mi scappa da ridìre, mi scappa da pisciare. Ma si può? Carabinieri, fate qualcosa per diamine! Al prossimo posto di blocco toglietevi il cappello e, delicati e rispettosi, mostrate la maestà del pisciacane sul ciglio della strada all’uomo della medesima, fategli scappare un ‘Oh!’ di tenerezza. Basterebbe questa nota, come canto di guarigione. Caro Solone, soffia il soffione.

3. DESTINY MAKES A GUESS ON US

Come pensi di ottenere conoscenza a priori attraverso tracce crude? È il destino che guarda all’indietro e fa scommesse su di noi. Tu che hai preso abitudine a giudicare; tu che sei avvezzo ad investigare i principi naturali con l’utilizzo solitario della luce del senso comune; tu che hai preso abitudine a catalogare ogni cosa a partire dalle esperienze di vita ordinaria: fermati e contempla, per un attimo. Per l’Attimo. Contempla le cose celesti senza paura di apparire stupido e insensato. Datti il permesso di passare da cretino — da innocente.

Va bene: osserva, registra, sperimenta, formula ipotesi plausibili. Ammiro i tuoi frammenti e lodo la tua parziale comprensione di certi prodigi. Ma ora, per l’Infinita Intelligenza! Impossessati di questo attimo. Impossessati dell’Unico Attimo Mai Esistito. Fermati. Lascia posare le raffiche di vento che ti assalgono la tempia. Assapora il vuoto, e poi prova ad abbracciare ciò che hai chiamato oggettività. Quando mai può essere parziale l’oggettività? Dove si infrange l’onda dei tuoi dati? Quanto ci mette la sua traccia a sparire dal bagnasciuga del Mare delle Possibilità? Sfida i presagi della scienza empirica di questo giorno. Sfida la penitenza della raccolta estensiva di set di dati. Vieni, guarda: i segreti dell’Universo non hanno confini.

4. UN SOFFIO CHE MANTIENE IL MONDO

Mettiamo le cose in chiaro: l’Universo è in verità un singolo organismo vivente e cosciente, con una consapevolezza completa di sé. La ragione per la quale ciò ci riesce difficile da accettare è che la nostra comprensione è solitamente limitata dal nostro linguaggio. Questo i bambini lo sanno benissimo, prima di scordarselo. Prima che si cominciasse ad andare a scuola, molti di noi erano in grado di osservare gli esseri fatati; adesso ben pochi riescono a vederli. Sognare è svegliarsi: Pegasus disegna nell’aria le 13 stelle di Pegasus, e in quel momento diventa invincibile. Da bambino, Pegasus aveva fatto esplodere un sasso con la forza delle stelle. Aveva imparato che lui e il sasso e le stelle sono la stessa cosa.

Molti di noi non lo ricordano, ma a un certo punto Tutto ha desiderato esplodere. Per la coscienza di Sé. Ed eccoci qui. E poi. Da quando abbiamo deciso di uscire dagli oceani e ci siamo trovati circondati da questo duomo di stelle, l’utero più vasto che abbiamo mai conosciuto, abbiamo imparato a fabbricare storie. Campiamo in aria. Respiriamo pensiero, e traduciamo in parole le forme che incontriamo: case, fiumi, caffettiere, parentele. Tutto immaginato e dipinto nell’aria. Se non sappiamo dirlo, se non è abbinabile a una certa combinazione di vibrazioni di questo gas che respiriamo, non esiste. È tutto qui il soffio che mantiene il mondo. Solleva le cose da terra, scorre sempre. Ci attraversa, canalizzato dai nostri desideri, che sono nient’altro che preghiere. Abbiamo l’ambizione di essere creature che creano: una bella gatta da pelare, povero il mio Demiurgo, tu che pensavi di fare il fico.

Vieni, guarda. Se il pensiero non è altro che fiato sottile, la scrittura non è altro che aria in cristalli. Si può anche fumare. Fumare dentro, interiormente, come vulcano che emette una nuvola di concetti e poi sputa poema effusivo di basalti, rendendo sterili o fertili intere prefetture: questo è il linguaggio. Aria che si trasforma in roccia. La voce è un distillato di spirito che percorre l’atmosfera, con onde che sommergono i nostri interlocutori, li oltrepassano e raggiungono ogni futuri e forse anche passati. Ecco perché dobbiamo sforzarci affinché la nostra voce sia canto: tutto è registrato, e non c’entra niente l’NSA. Tutto è registrato in un cristallo gigante in una caverna in Sud America, una canzone di roccia a gloria dell’Intero Infinito Intelligente.

5. TALE OF A GHOSTWRITER

I am a ghostwriter. I am now writing this letter to you from a place adjacent to a remote place. The walls of my knowledge, sledgehammered with a lock pick, are free to reply to this here script as specified in the dawn of a new job. I have a deal with the Princess of all the things that are not involved in the next Biennale.

Quando vuoi ci possiamo vedere, you said, tutte le possibilità sono aperte fino alle ore di gioco che m’hai dato, che non è che mi hai mandato il resto, e il resto è tutto un altro paio di cose che non si può mica dire, che la tua ricerca su questo punto non mi è ancora arrivata. A me sembra che il tempo per la ricerca sia un divertimento arredato con balcone, you said, come non se ne trova in Italia.

I came across your headline like a punch on your east side effects. This can’t be undone, as the list of things you’re now thinking about­—it could have been written by a knife named after a long line.

6. FULMINI O FATTI

E ora. Un amore di rasoio, un taglio pulito attraverso tutte le cose, che tutte le cose respirano. Come spada, taglia via la mano golosa del vecchio. Saturno e Giove che si congiungono in un segno d’aria per la prima volta dopo secoli di congiunzioni in segni di terra. Benjamin Franklin, dopo aver conosciuto la Mongolfiera, immagina “[…] diecimila Uomini che calano dalle Nuvole” rendendo vano il controllo delle frontiere nazionali da parte dei sovrani. Allora forse l’alchimia non è mai stata uccisa dalla scienza. Diecimila come i diecimila esseri, le fibre innumerevoli della Via, come spade a liberare l’intelletto, a tagliare parole segno per segno e a ricomporle in arabeschi di stanze magnifiche e sacre.

Mio padre e un’altra persona, una sera di molti anni fa, fumano una sigaretta nel giardino di casa mia, che dà sul paese, Subbiano, che si trova più a valle. Vedono due luci blu e rosse sorvolare in completo silenzio, basse, l’aria sopra le case. Non è ancora l’epoca dei droni, né possono essere elicotteri o altri velivoli. Durante l’avvistamento nessuno dei due dice niente per paura di fare la figura del pazzo o del coglione. Una mezz’ora più tardi superano questo pudore. Si confidano le loro osservazioni, non cavandone alcun ragno.

Mentre passeggio per le vicinanze dello stadio Artemio Franchi, il ventisette dicembre duemiladieci, mi fermo ad osservare un aereo che passa sopra lo stadio. Subito mi sovviene la storia dell’avvistamento collettivo di un fenomeno inspiegabile durante una partita della Fiorentina negli anni cinquanta. Mentre sono assorto, un uomo sulla settantina si avvicina e attacca a parlarmi. Mi racconta come, quando era giovane, passando per via Trieste vide quattro puntini luminosi fermi nel cielo. Erano lontani, ma poté osservare la velocità inaudita con cui a un certo punto schizzarono via. L’uomo mi dice che sa come si muovono i satelliti, e i satelliti non si muovono a quella maniera. Mi spiega che non siamo soli, e dopo aver dipanato un lungo ragionamento conclude che anche la Terra è un’astronave. Ma noi non siamo qui per caso, dice. Siamo qui per arrivare fino a Dio, attraverso le generazioni, attraverso le nostre uova e il nostro sperma. Mi esorta a non sprecare il mio sperma. Poi mi saluta, mi fa gli auguri e prosegue.

7. A MARVELOUS SYSTEM OF WIGGLES

Epperò, da che cosmo è cosmo, abbiamo soffiato il nostro fiato sul mondo. Prima per formarlo, questo mondo, e poi per trasfigurarlo / The Spirit who sprinkled itself over the jungle of meanings and signs which is this present Station / Da quando abbiamo trovato l’alfabeto nelle costellazioni, noi figlie e figli del Verbo, ci abbiamo preso gusto. A forza di storie e di chiacchiere abbiamo intarsiato ordini talmente complessi da farceli sembrare cumuli di disordine. Ogni legge che abbiamo inventato, e poi scritto, abbiamo creduto di scoprirla. Mentre invece coprivamo le tracce che avevamo lasciato fin qui dalla Sorgente. / We are here on a field trip research, all of us. We’re becoming one giant multi-headed expert of life on Planet Earth. In which ways is our wisdom applicable? / Possiamo ancora apprendere a desiderare meglio, oltre ciò che qualsiasi alfabeto ci vincola a formulare. È facile: bisogna fissare le stelle con attenzione, leggerne la luce attraverso lo sfarfallio delle trame d’aria, e poi proiettare, sulle nostre case città e campagne, le nuove sequenze che avremo ricevuto. Dipaneremo a questa maniera la geometria di un tesoro di templi di pace, strade di comunione, uffici postali di compassione, pozzi di frugalità, ministeri d’umiltà. Aggiungeremo un lato al reale. Infinite combinazioni di costellazioni saranno le lettere e i suoni del nostro linguaggio di luce. / “Le pietre danzarono da sole all’armonia della musica”: ecco come due gemelli costruirono le mura della città grazie alla pigna portata dagli dèi sumeri, quella che fa vibrare l’aria e poi le pietre si sollevano.

8. ETERNITÀ DELLA NAPOLI CELESTE

Lasciami insistere un’ultima volta con questo grimaldello che è scrittura.

Guarda.

Osserva che la Napoli Celeste, una volta pensata, è posta in esistenza perpetua. Viaggerà su onde d’etere oltre i confini di qualsiasi galassia, nei secoli dei secoli.

9.

Since she came, after leaving her mother’s breasts, she got closer to the forest night after night as the fables she wrote proliferated. She knew foxes, hares, and deer as they came out in the clear for wary moments. She learned the vocabulary of their moves, first from afar, and then each time a step closer to the oak grove. At last she entered the thick. Choosing the trail of a boar, she followed the trampled underbrush until the moonlight receded, and there she stood, a shadow among shadow, silent, as her long hair moved at the rhythm of the rattling oak leaves of late autumn, crispy dead but still clinging to their limbs. She smelled moss, a hoopoe called. She had good eyes for the dark.